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Cannabis autofiorente: cinque consigli per scegliere il terriccio giusto

Cannabis autofiorente: cinque consigli per scegliere il terriccio giusto

Sono tante le persone che, al giorno d’oggi, iniziano a coltivare cannabis in casa. Dal momento che gli hobby devono fare i conti con il tempo che si ha a disposizione e con spazi spesso ridotti, sono molti i coltivatori domestici che decidono di orientarsi verso i semi autofiorenti. Acquistabili comodamente online – Fast Buds è uno dei più celebri a livello internazionale – sono molto apprezzati dai principianti per via della loro capacità di proliferare senza bisogno di attenzione ai cicli di luce. Inoltre, sono molto resistenti ai parassiti.

Nel momento in cui ci si approccia alla loro coltivazione, è importante non essere superficiali su dettagli come la scelta del terriccio. Alla luce di ciò, nelle prossime righe abbiamo raccolto cinque consigli per imparare a gestirlo nel modo giusto. Seguici per scoprirli assieme!

Cannabis autofiorente: le caratteristiche del terriccio perfetto

Quando si inizia a coltivare cannabis autofiorente, è bene essere consapevoli che questa tipologia di pianta può crescere senza problemi anche in un terreno pesante. Se possibile, però, è il caso di focalizzarsi verso terreni leggeri e molto arieggiati. Come mai? Perché si tratta di una base perfetta per consentire alle radici di penetrare più facilmente e di incamerare le sostanze nutritive e l’acqua.

Gli ingredienti che non devono mancare

Se si ha intenzione di realizzare a casa la miscela per il terriccio delle autofiorenti, è molto importante scegliere gli ingredienti giusti. Quelli imprescindibili sono la torba, la perlite, il compost, la vermiculite. Come è chiaro, si tratta di un mix che chiama in causa la quotidianità sostenibile. Il compost, infatti, si può ottenere senza problemi anche in contesto domestico realizzando una compostiera.

Per quel che concerne invece il ruolo di un altro ingrediente, ossia la perlite, ricordiamo il suo essere fondamentale per favorire il drenaggio del terriccio e per creare adeguati spazi nel substrato.

Guano di pipistrello? No, grazie!

Quando si inizia a coltivare cannabis, si sente chiamare spesso in causa la possibilità di aggiungere guano di pipistrello al terriccio. Come mai? Per via della sua capacità, nel corso della fase vegetativa, di dare una svolta alla qualità del substrato così da supportare meglio la fioritura.

Nel momento in cui si ha a che fare con la cannabis autofiorente, è bene metterlo da parte. Il rischio, utilizzandolo, è infatti quello di sovraccaricare le piante con una quantità eccessiva di sostanze nutritive. Ricordiamo l’importanza di non esagerare da questo punto di vista con le autofiorenti che, in generale, raggiungono altezze decisamente minori rispetto alle fotoperiodiche e, di riflesso, necessitano di una quantità inferiore di nutrienti.

I valori del pH

Quando si gestisce il terriccio di una pianta è importante non solo focalizzarsi sugli ingredienti, ma fare attenzione anche ai valori del pH. Nel caso della coltivazione casalinga di cannabis autofiorente, l’optimum prevede il fatto di focalizzarsi su un range compreso tra 6,2 e 6,5.

Nel caso in cui si dovesse riscontrare un valore troppo basso, si può intervenire aggiungendo della dolomite. Cosa fare, invece, qualora si dovesse trovare invece un valore troppo alto? In questo frangente, la cosa migliore è fare ricorso agli aghi di pino.

I dettagli della preparazione

Tornando un attimo con il focus sul processo di preparazione del terriccio per le piante di cannabis autofiorente ricordiamo che, nel momento in cui si tratta il compost, è necessario setacciarlo con cura in modo da eliminare i residui più grossi.

Se si decide di aggiungere al terriccio la fibra di cocco, fondamentale per proteggere le piante dagli attacchi dei parassiti, è fondamentale immergerla in acqua e, dando un’occhiata alle istruzioni, controllare il volume raggiunto. La fibra di cocco, inoltre, va mescolata in un recipiente a parte con la vermiculite.